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lunedì 29 dicembre 2008

Quel Genio di Davis


Basta ascoltare questo concerto live per capire qual'è la sostanziale differenza tra le monotone e banali melodie d'oggi, e le dinamiche ed innovative canzoni di qualche anno fa.

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martedì 9 dicembre 2008

Cristo si è fermato a Eboli

«... non siamo Cristiani, -essi dicono- Cristo si è fermato ad Eboli. Cristiano, nel loro linguaggio vuol dire uomo… questa fraternità passiva, secolare pazienza è il profondo sentimento comune dei contadini, legame non religioso, ma naturale. Essi non hanno né possono avere, quella che si usa chiamare coscienza politica, perché sono, in tutti i sensi del termine, pagani, non cittadini: gli dei dello Stato e della città non possono avere culto fra queste argille, dove regna il lupo e l’antico, nero cinghiale, né alcun muro separa il mondo degli uomini da quello degli animali e degli spiriti, né le fronde degli alberi visibili dalle oscure radici sotterranee... ». "Cristo si è fermato a Eboli", scritto da Carlo Levi tra il 1943 e il '44, tratta del problema Meridionale analizzato in prima persona dall'autore durante il periodo di confino in Lucania (Basilicata), e ci porta alla scoperta dei problemi della società contadina nel Sud, non solo come esistenza di una condizione arcaica, intollerabile nella nostra società, ma anche come teatro di una straordinaria civiltà rurale.

Il titolo dell'opera sottolinea le caratteristiche generali della mentalità rurale che l'autore studia e il dato oggettivo che se ne deduce, la differenza fra uomini di un certo ceto sociale e posizione, e i contadini, delusi, affascinati da culti magici e da superstizioni maligne, stanchi, consapevoli sia della loro triste e monotona vita, sia dell'impossibilita di migliorarla. Il libro, che ho letto con grande interesse, offre diversi spunti di riflessione politica e sociale sulla nostra storia, di confronto su ciò che è migliorato e ciò che non è cambiato, oltre che a rimanere un eccellente romanzo autobiografico sulla vita dell'autore. In breve l'opera narra un preciso momento della vita di Levi, quando venne messo al confino per il credo politico, e costretto a rimanere in una cittadina isolata, si impegna ad aiutare come medico i contadini malati per quanto possibile, contro il volere del regime, fino a quando tornò ad essere un cittadino libero.
Ecco cosa scrive Levi riguardo il binomio Stato/Contadini: "Che cosa avevano essi a che fare con il Governo, con il potere, con lo Stato? Lo Stato, qualunque sia, sono quelli di Roma, e quelli di Roma, si sa, non vogliono che questi vivano da cristiani; c'è la grandine, le frane, la malaria, la siccità e lo Stato. Per i contadini lo Stato è più lontano del cielo, e più maligno perché sta sempre dall'altra parte. Non importa quali siano le sue forme politiche, la sua struttura, i suoi programmi, tanto i contadini non li capiscono, perché è un altro linguaggio per loro, la sola possibile difesa contro la propaganda è la rassegnazione, la stessa che curva le loro schiene sotto i mali della natura". Oppure sulla campagna d'Africa dipinta dall'opinione pubblica come una grande impresa, fonte e opportunità di guadagno per l'intero popolo italiano: " Di quella terra promessa, che bisognava prima togliere a quelli che l'avevano, non si fidavano, perché pareva che non fosse giusto e di buon auspicio, e perché Quelli di Roma non avevano l'abitudine di far qualcosa per loro, questa impresa, malgrado le chiacchiere, doveva avere qualche altro scopo". In alcuni punti del testo l'autore descrive anche le opinioni dei mezzadri sul brigantaggio, visto non come problema, ma come opportunità passata, "chi non ha mai aiutato un brigante che faceva un torto a un'entità lontana? chi non ne ha mai ospitato uno o vedendolo abbia taciuto?".
Verso la fine del libri Levi si concede maggiore libertà di opinione, arrestando solo apparentemente la descrizione degli aridi paesaggi e delle tristi vicende contadine, arrivando così a molteplici conclusioni riguardo la sua esperienza, scrive: "esistono due Italie ostili, siamo di fronte al coesistere di due civiltà diversissime, campagna e città, civiltà paleocristiana e non più cristiana, perché anche questa non porta più conforto. La cultura contadina sarà sempre vinta, ma non si lascerà mai schiacciare, si conserverà sotto veli di pazienza, per esplodere d'un tratto, il brigantaggio ne è una prova; dappertutto regna la malaria, è il problema della miseria quello principale, il problema meridionale non si risolve nello Stato attuale, ma solo se sapremo creare una nuova idea politica."

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